Lettera a Giada

La morte di una ragazza causata da un titolo di studio. L’accumularsi del peso della famiglia, del sistema scolastico capitalista e delle ferite interiori, profonde.
Riportiamo qui lo scritto di una compagna che ci parla del confronto fra la depressione come lotta personale e politica e il ruolo dell’ideologia come chiave per rendere più comprensibile il mondo.


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La guida introduttiva di libcom – uno strumento per militanti e non.

Quest’opuscolo è la versione tradotta e impaginata della “Guida Introduttiva” del sito Libcom [1], una piattaforma libertaria per la lotta di classe attiva in Inghilterra.
Al suo interno si trovano capitoli che trattano in maniera estremamente esplicativa concetti quali “classe”, “capitalismo” o “Stato”, rendendo questo materiale un ottimo strumento formativo per militanti e non.
Originariamente pensato per il Collettivo Exarchia di Bologna, non è mai stato pubblicato. Rimane ovviamente anche in sua disponibilità: se la proprietà è un furto, strumenti come questi rimangono ancor più qualcosa da condividere, usare e adeguare a piacimento.

[Link cliccando sull’immagine]

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No Gods, No Masters. Una storia dell’anarchismo – Parte 1: Passione per la distruzione.

E’ uscito su internet il documentario “No Gods, No Masters. A History of Anarchism.”
Originariamente concepito in quattro parti, di cui l’ultima fu poi cancellata, ripercorre la storia dell’anarchismo dalle origini fino all’ascesa dei nazifascismi.
Nell’articolo, la storia e le origini della pellicola.

https://www.youtube.com/watch?time_continue=9&v=Z5bmvVXFtCA

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Il centrosocialismo come pace sociale “alternativa”: “Su autoproduzione e autogestione nei Centri sociali negli anni Ottanta e Novanta”

“Questo testo [di Sergio Bianchi] è la trascrizione revisionata di un intervento esposto in occasione del convegno «Autoproduzione e autogestione nei Centri sociali» svoltosi a Roma presso il Centro sociale Forte Prenestino nell’autunno del 1995. [1]”

Il convegno sopracitato rappresenta un episodio particolarmente importante della storia del cosiddetto “movimento dei Centri Sociali [2]”, poichè fu il momento di confronto sui temi del rapporto fra autogestione, autoproduzione e autoimprenditoria.
Se ciò che qui ci interessa maggiormente è il commento sulle criticità della struttura del “centro sociale”, anche gli altri due topic risultano attuali vista la recrudescenza del dibattito “autoreddito sì/autoreddito no”.

Da parte nostra evidenziamo questo materiale come parte di una critica al cosiddetto “centrosocialismo”, ovvero al conservatorismo ideologico e pratico che ruota attorno ai CSA – e più genericamente agli “spazi” contrapposti ai “gruppi politici”-, una vera e propria ideologia della pace sociale che baratta le possibilità di conflitto sociale e politico con isole di Comfort “alternativo” per persone che hanno uno “stile di vita militante”.
Con ciò non vogliamo dire che gli Spazi sociali siano da buttare in toto, ma che a) vada riportata centralità ai gruppi politici e alle strutture utili a progettualità politiche e che b) si rifletta su modalità innovative che permettano agli Spazi di uscire dalla stagnazione attuale.
Per quel che riguarda il tema dell’Autoreddito, sinteticamente, ci limitiamo a chiederci se la risposta al problema della chiusura da parte dei soggetti rivoluzionari non sia tanto nell’ “aprire gli spazi” a forme alternative di imprenditoria, quando a sostenere socialmente e politicamente fonti di sopravvivenza alternative all’esterno, quali cooperative di diverso genere. Ciò permetterebbe di garantire l’indipendenza delle “strutture” e allo stesso tempo spargere semi di possibili reti sociali alleate per il futuro.

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Perchè un anarchismo “sociale”?

Questo testo, tratto dal sito Solarpunk Anarchists [1], è un breve riassunto di cosa intendiamo per anarchismo “sociale” e del perchè si tratta di una caratteristica che va sottolineata.

La traduzione originale è stata fatta in concomitanza con il collettivo Exarchia di Bologna e pubblicata sul suo sito con la seguente introduzione:

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“Siamo un collettivo anarchico” diciamo in modo sbrigativo nel nostro “Chi siamo”, ma crediamo che questa espressione non sia abbastanza esaustiva.

Ci sono state fasi storiche, come quella che abbraccia i decenni a cavallo del Novecento, nelle quali definirsi “anarchici/he” e basta non presentava particolari problemi di comunicazione. In quei tempi il movimento anarchico italiano era forte, pienamente immerso nel tessuto sociale e capace di incidere nella vita politica del paese così come nella vita quotidiana delle persone. Le tendenze minoritarie interne o legate al movimento (come quella individualista), seppure presenti, non fecero mai venire meno la stretta associazione tra “anarchismo” e quei principi cardine che ne avevano costituito le idee fondanti (puntualmente riportate nel testo) e che avevano contribuito a renderlo un attore di primo piano.

Perché quindi condividiamo un articolo in cui si parla di “anarchismo sociale”? Perché da allora molto è cambiato.

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The Antifascists – una recensione con confronto

Da metà dicembre è uscito il documentario “The Antifascists” di AEAEAE Productions, dopo il periodo di proiezioni in esclusiva con le presentazioni.
In Italia alcune date sono state fine settembre/primi di ottobre a Bergamo, Brescia e Castiglione delle Stiviere (MN) e a metà novembre a Bologna.
Qui una breve recensione, con confronto con un altro documentario sull’antifascismo, “Bash The Fash” di Sub.media.

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“Unici stranieri: gli sbirri nei quartieri”. – Analisi e risposte al modello Contro-insorgente

Dopo l’articolo incentrato sul tema della “Sicurezza” e del “Decoro”, un altra analisi più specificatamente incentrata sul tema della polizia e del suo ruolo sociale, delle tattiche di contro-insorgenza e delle basi su cui poggia.

I movimenti politici che si battono per un cambiamento sociale radicale devono inevitabilmente fare i conti con la repressione da parte dello stato [1]. Tra le diverse istituzioni dell’apparato repressivo, la polizia gioca un ruolo centrale. Essendo chiamata a gestire un ordine sociale lacerato da profonde disuguaglianze interne, essa entra necessariamente in conflitto con le persone e i gruppi sociali che minacciano, di fatto o in potenza, di alterare le attuali gerarchie sociali. Per questo motivo è armata e autorizzata all’uso della forza. “Quando la persuasione, l’indottrinamento, la pressione morale e gli incentivi materiali falliscono, c’è la polizia. Nel campo del controllo sociale, i poliziotti sono specialisti della violenza” [2].

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Davanti alla rivoluzione – Contributi a un dibattito interno all’anarchismo italiano (2)

Dopo la rivendicazione dell’attacco alla caserma S. Giovanni è seguita la risposta di Umanità Nova.
Come anarchici slegati da aree o gruppi ci sentiamo di contribuire al dibattito con due scritti separati ma con la comune volontà di suggerire un approccio differente a un dibattito che si sta trascinando da troppi anni.
Questo è il secondo contributo.

In an abandoned houseboat
I’ll wait there, I’ll be waiting forever
Waiting, waiting, waiting, waiting, waiting….
(Pavement-Summer Babe)

Davanti alla rivoluzione c’è un guardiano.
Davanti a lui viene un* anarchic* e chiede di entrare nella rivoluzione.
Ma il guardiano gli risponde che per il momento non glielo può consentire. L’anarchic* dopo aver riflettuto chiede se più tardi gli sarà possibile. “Può darsi” dice il guardiano, “ma adesso no”.

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In chi è la salute? – Contributi ad un dibattito interno all’anarchismo italiano (1)

Dopo la rivendicazione dell’attacco alla caserma S. Giovanni è seguita la risposta di Umanità Nova.
Come anarchici slegati da aree o gruppi ci sentiamo di contribuire al dibattito con due scritti separati ma con la comune volontà di suggerire un approccio differente a un dibattito che si sta trascinando da troppi anni.
Questo è il primo dei due contributi inviati a Umanità Nova.

“La Salute è in voi!”, recitava un opuscolo uscito nel 1906 con il settimanale anarchico italoamericano “Cronaca Sovversiva”.
Si trattava fondamentalmente di un manuale pratico per sabotaggi, fabbricazione di esplosivi e guerriglia che, seppur oggi decisamente datato a fronte della pubblicistica anche solo degli anni ’70 (si pensi agli scritti della Rote Armee Fraktion o di Carlos Marighella), rappresenta un dato storico fondamentale per capire cosa fosse l’anarchismo di lingua italiana.
Facciamo un breve passo avanti: nel 1927 vengono giustiziati Sacco e Vanzetti, accusati di rapina e omicidio al calzaturificio «Slater and Morrill» di South Braintree.
Giustiziati perchè anarchici e immigrati, innocenti per quello specifico atto.
Si trattava però non di due “piccoli angeli”, come per molti anni li ha dipinti la vulgata anche anarchica, ma di due combattenti rivoluzionari avvezzi al far esplodere le case dei questori e all’uso delle armi [1] tanto quanto alla propaganda di massa, all’agitazione sindacale e allo sciopero.

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Politica, Anarchismo e qualche esempio

Questo scritto è una traccia prodotta per un dibattito semi-aperto svoltosi il 13 Gennaio al Circolo Berneri di Bologna, sul tema del rapporto fra anarchismo e “politica”.
Il tema della discussione era proprio quello di mettere a confronto due modalità di intendere l’anarchismo: una politica, qui sommariamente illustrata, e una apolitica, che veniva definita “sociale”.
Aggettivo poco consono, secondo noi: l’anarchismo “sociale” è infatti un’anarchismo fortemente politico, che si confronta invece con quegli “anarchismi” impolitici o apolitici che trovano la propria apotesi nei modelli di Lifestyle alternativo e subculturale.

Partiamo da un assioma: il Potere, inteso come capacità di far fare all’altro, non è un oggetto; non si può distruggere o creare.
Esso è un dato materiale, quanto quelli biologici o culturali, ma ancora sopra di essi, è ciò che per eccellenza li può modificare.

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