Perchè un anarchismo “sociale”?

Questo testo, tratto dal sito Solarpunk Anarchists [1], è un breve riassunto di cosa intendiamo per anarchismo “sociale” e del perchè si tratta di una caratteristica che va sottolineata.

La traduzione originale è stata fatta in concomitanza con il collettivo Exarchia di Bologna e pubblicata sul suo sito con la seguente introduzione:

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“Siamo un collettivo anarchico” diciamo in modo sbrigativo nel nostro “Chi siamo”, ma crediamo che questa espressione non sia abbastanza esaustiva.

Ci sono state fasi storiche, come quella che abbraccia i decenni a cavallo del Novecento, nelle quali definirsi “anarchici/he” e basta non presentava particolari problemi di comunicazione. In quei tempi il movimento anarchico italiano era forte, pienamente immerso nel tessuto sociale e capace di incidere nella vita politica del paese così come nella vita quotidiana delle persone. Le tendenze minoritarie interne o legate al movimento (come quella individualista), seppure presenti, non fecero mai venire meno la stretta associazione tra “anarchismo” e quei principi cardine che ne avevano costituito le idee fondanti (puntualmente riportate nel testo) e che avevano contribuito a renderlo un attore di primo piano.

Perché quindi condividiamo un articolo in cui si parla di “anarchismo sociale”? Perché da allora molto è cambiato.

Il progressivo indebolirsi del movimento, lo sviluppo di varie tendenze che si discostano in modo deciso dal comunismo anarchico classico, fiumi di inchiostro speso in sistematiche e infami campagne di propaganda statale, così come decenni di repressione, hanno contribuito a trasformare tanto il movimento stesso quanto le condizioni nelle quali ci troviamo ad agire. Condizioni che devono poter essere comprese con chiarezza se vogliamo essere in grado di elaborare risposte che, senza aggrapparsi ostinatamente ai tempi perduti di un “glorioso passato”, cerchino invece di adattarsi alla realtà sociale che ci circonda per cercare di ricostruire un movimento anarchico contemporaneo.

Il testo che segue vuole essere semplicemente un piccolo passo in questa direzione.


Vi sarete chiesti perché continuo a riferirmi all’anarchismo sociale invece che, più semplicemente, all’anarchismo. L’anarchismo sociale è infatti ciò a cui si riferisce la maggior parte delle persone che ne capiscono, quando parlano di “anarchismo” senza aggettivi.

È una tradizione etico-politica che, contrariamente all’opinione comune, non persegue il caos o il disordine, ma piuttosto l’“appiattimento” delle relazioni di potere in ambito sociale, politico ed economico: il dissolvimento dell’autorità gerarchica in potere orizzontale, in modo che le persone siano in grado di governarsi in quanto libere ed eguali piuttosto che ricevendo ordini da istituzioni centralizzate di controllo e subordinazione. Perciò, come processo, si concentra sul continuo conferimento di potere a chi ne è privo, sull’inclusione degli esclusi, e sulla decentralizzazione del potere e dell’autorità.

Nel lungo termine, persegue una società di democrazia diretta e priva di gerarchie caratterizzata da:

  • autonomia individuale;
  • associazione volontaria;
  • un ethos di individualità comunitaria anziché di rozzo individualismo o di soffocante collettivismo, che bilanci gli istinti personali e sociali;
  • la dissoluzione di tutte le forme oppressive di gerarchia sociale e di dominio: razzismo, sessismo, queerfobia, abilismo e il dominio della natura;
  • un’economia cooperativa dei beni collettivi basata sull’autogestione nel luogo di lavoro, che vada oltre il motivo del profitto, il capitalismo di mercato e la pianificazione centrale dello Stato;
  • la decentralizzazione del governo in confederazioni volontarie di comunità che si autogovernano e che praticano la democrazia diretta.

Come tradizione, l’anarchismo sociale è emerso dal più ampio movimento socialista degli anni ’60 dell’800, e i suoi tratti fondamentali si sono sviluppati all’interno della Prima Internazionale dalle idee di Pierre-Joseph Proudhon, portate in una direzione più antiautoritaria da parte di figure come Michail Bakunin e James Guillaume, e successivamente in una direzione più comunitaria da Pietr Kropotkin, Élisée Reclus e Emma Goldman. È stato considerato da molti come una confluenza dei migliori aspetti del liberalismo classico e del socialismo democratico, e la sua concezione economica è descritta come socialismo libertario, in contrasto al socialismo autoritario di Stato della maggior parte dei movimenti marxisti e della socialdemocrazia paternalista, così come esiste nella maggior parte della sinistra liberale. Contrasta anche con il cosiddetto “libertarianesimo” della destra neoliberale, termine rubato agli anarchici sociali verso la metà del ventesimo secolo.

È di gran lunga la maggior tendenza tra coloro che si definiscono anarchici/anarchiche, ed è anche considerata l’unica forma di anarchismo da parte di molti/e, che si considerano gli/le unici/uniche che usano questa etichetta legittimamente.

Quindi, se è la forma di anarchismo principale (o persino l’unica), che bisogno c’è di aggiungere l’aggettivo “sociale”?

Ci sono tre ragioni:

1. Specificità

Ci sono numerose ideologie che si attribuiscono il prefisso “anarco-” e i cui aderenti si definiscono “anarchici”: gli anarco-capitalisti, gli anarchici “post-sinistra”, gli anarco-primitivisti, gli anarchici “per il mercato”, gli anarco-nazionalisti, gli anarco-monarchici (sì, per davvero!).

Specificare una particolare tradizione aiuta a rimettere le cose al loro posto e a dissociare determinate idee o pratiche da qualsiasi assurdo sistema di pensiero che si autodefinisce con la parola che inizia per “A”.

2. Accessibilità

La parola “anarchico” è piuttosto carica di significato e porta con sé un mucchio di stereotipi e di miti. Se ti definisci “anarchico/anarchica” parlando con qualcuno che non conosce un granché delle teorie anarchiche, molto probabilmente penserà che sei pazzo, o forse semplicemente immaturo.

D’altra parte, l’anarchismo sociale è qualcosa che potrebbe per lo meno spingerlo a cercare il termine su Internet, prima di respingerti come una specie di svitato.

3. Definizione

Aggiungere la parola “sociale” aiuta ad enfatizzare le caratteristiche positive della filosofia anziché i suoi soli aspetti di opposizione. La stessa etimologia della parola anarchismo significa “senza/contro l’autorità”. Il termine anarchismo si riferisce quindi a ciò contro cui si oppone piuttosto che a ciò che vorrebbe che ci fosse.

Tuttavia, “sociale” implica un senso di comunità, di ordine popolare, di connessione tra gli individui. Perciò mettere insieme i due termini – anarchismo sociale – denota una “società senza capi” e una “socialità contro l’autorità”; implica che un’autentica socialità umana è contraria alla logica del potere gerarchico.

Il termine stesso non è una novità. È emerso per la prima volta nel tardo diciannovesimo secolo come modo per distinguere l’anarchismo tradizionale dalle varie tendenze individualiste o egoiste che promuovevano una visione del mondo antisociale e che si opponevano alla costruzione di movimenti popolari, e che in molti casi si accontentavano di vivere liberamente all’interno del sistema statuale e capitalista anziché fare qualcosa per sbarazzarsene.

Quindi se ci riuscite, cercate di rendere il termine il più diffuso possibile C’è come minimo qualche piccola possibilità in più che più persone lo cercheranno su Internet e impareranno cos’è veramente l’anarchismo, invece di rigettarlo in quanto caos privo di senso o in quanto cosa da adolescenti che si vestono di nero, lanciano molotov e spaccano le vetrine dei negozi.

Per un mondo al di là della gerarchia e del dominio

Per la libertà, l’uguaglianza e la solidarietà

Per l’anarchia sociale


[1] https://solarpunkanarchists.com/2016/02/25/why-social-anarchism/

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