The Antifascists – una recensione con confronto

Da metà dicembre è uscito il documentario “The Antifascists” di AEAEAE Productions, dopo il periodo di proiezioni in esclusiva con le presentazioni.
In Italia alcune date sono state fine settembre/primi di ottobre a Bergamo, Brescia e Castiglione delle Stiviere (MN) e a metà novembre a Bologna.
Qui una breve recensione, con confronto con un altro documentario sull’antifascismo, “Bash The Fash” di Sub.media.

“The Antifascist” è un documentario greco-svedese del 2017, diretto da Patrik Öberg ed
Emil Ramos, produzione per AEAEAE Produktion, “che ci porta [a vedere] dietro la maschere dei gruppi militanti che vengono chiamati antifascisti” [1].

Il film, lungo circa un’ora e un quarto, si snoda attraverso due anni, il 2013 e il 2014, visti su due contesti differenti, quello greco (specificatamente ad Atene) e quello svedese (Stoccolma e Malmo), intervistando diversi protagonisti che, in modi diversi, sono stati partecipi delle mobilitazioni antifasciste nei propri territori.

L’idea, esplicitata dai registi, è quella di fornire un racconto “aperto” delle mobilitazioni e dei protagonisti “Antifa”, senza voler definire né un giudizio né una morale.

Il confronto fra due contesti ai lati opposti dell’Europa emerge da piccoli e grandi dettagli: i passaggi che si svolgono in Grecia sono incentrati ad Exarchia che, un po’ romanticamente, viene identificata come “un’area sicura” per migranti rispetto agli attacchi dei Battaglioni di Alba Dorata [2].
Le interviste riguardano principalmente militanti antifascisti ben politicizzati che evidenziano la continuità fra sistema politico-economico e il ruolo dei fascisti al loro interno, in particolare per quel che riguarda la polizia e le sue simpatie di destra.
Allo stesso modo l’approccio all’atto violento viene ripreso con molta serenità: dai video relativi al riot alle parole degli intervistati, lo scontro è semplicemente un dato di fatto che è necessario praticare con efficacia.

In questi punti emerge il confronto con la Svezia: l’ascesa del cosiddetto “Partito degli Svedesi” e lo strutturarsi di una risposta antifascista hanno comportato un percorso meno univoco per gli/le antifascisti/e.
Se infatti è evidente una composizione più eterogenea nel campo antifascista, il ruolo ambiguo della polizia viene raccontato da molti come uno shock, così come la necessità dell’autodifesa violenta come un evento improvviso, in cui ci si è dovuti adeguare alle circostanze.

Insomma, due lenti diverse che però convergono su un punto centrale: esistono molti modi di essere “the antifascists” e sono tutti necessari.
Se anche ad intensità variabili, praticamente tutti e tutte le intervistate si rivendicano sia le pratiche di strada che quelle di attivismo sociale, chi sotto il nome della necessità, chi della lungimiranza.

The Antifascists rappresenta pertanto un documento interessante, equilibrato ma che vuol proporre spunti in cui molti si possono rivedere, a patto di sapersi calare nei panni altrui.
Unica pecca visibile il ritmo piuttosto lento che, per poco più di un’ora di film, rischia di risultare difficile da digerire.

Sarà importante pertanto provare a produrre i sottotitoli in italiano, visto che sono ancora assenti, mentre sono presenti tutte le lingue dove un movimento che fa riferimento alla tradizione Antifa è stato o è presente.
Anche questo è uno spunto di riflessione da tenere a mente?


Diverso è l’approccio di un altro documentario militante, “Bash the Fash” del collettivo Sub.media [3], prodotto sull’onda del confronto fra Antifa e Alt-right statunitense (sottotitoli in IT disponibili).

https://sub.media/video/trouble-2-bash-the-fash/

L’approccio molto più accattivante delle produzioni di Sub.media si unisce ad una narrazione prettamente militante dell’attivismo.
L’azione diretta contro il fascista è rivendicata come divertente e la continuità con l’agire sociale è molto più fluida rispetto a quella dei protagonisti di The Antifascists.

Sicuramente anche queste modalità sono figlie del loro contesto, ovvero quello nord-americano (USA e Canada), con una storia Antifa più definita e maggiori possibilità di espressione rispetto al contesto europeo.

Si tratta, in definitiva, di due produzioni diverse, con fini diversi e che raccontano storie diverse, ma che vanno assolutamente visti assieme poichè riescono a darci un tassello importante per la militanza contemporanea, ovvero quello dell’antifascismo militante contemporaneo non solo come parte della “cultura” o dello “stile di militanza” del centrosocialismo, ma come percorso autonomo in grado di incubare forme di unità d’azione di autoriflessione critica.


[1] https://www.facebook.com/pg/theantifascists/about/?ref=page_internal

[2] I Battaglioni sono le “truppe d’assalto” del noto partito nazista greco, responsabili fra l’altro dell’omicidio di Pavlos Fyssas/Killah P: http://goldendawnwatch.org/?p=1476&lang=en

[3] Di cui è interessantissima -e divertentissima- tutta la produzione. In particolare è consigliata la serie di 5 mini-doc chiamata “A is for Anarchy” (https://sub.media/c/a-is-for-anarchy/) che introduce concetti chiave dell’anarchismo contemporaneo.
Come sempre, in molti casi le traduzioni in italiano sono o da sistemare o da fare del tutto.

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